Quando il profumo del Mediterraneo incontra quello dei limoni e delle arance con un maestoso e turbolento vulcano che fa da sfondo.

Quando la storia secolare si dimostra in tutto il suo fascino e bellezza, regalandoci siti archeologici unici e dimore principesche di incomparabile ricchezza.

 Quando il calore della gente scalda il cuore e quando i profumi di una cucina autentica ma mai scontata arriva a solleticarci l’appetito non possiamo che trovarci in Campania, terra di isole, tradizioni, storia e paesaggi meravigliosi.

E, non ultimo da ricordare, terra di grandi vini!

La Campania, infatti, vanta oltre a una decina di vini a Indicazione Geografica Territoriale (IGT) ben 4 DOCG: Taurasi, Greco di Tufo, Fiano di Avellino e Aglianico del Taburno, espressioni e declinazioni di grandi terroir caratterizzati dall’utilizzo, pressoché esclusivo di vitigni autoctoni.

E, ancora, tornano i vitigni autoctoni con le loro peculiarità e caratteristiche inconfondibili, nelle 15 Denominazioni di Origine Controllata (DOC) disciplinate e riconosciute in Campania: Ischia, Capri, Vesuvio, Cilento, Falerno del Massico, Castel San Lorenzo, Falanghina del Sannio, Casavecchia di Pontelatone, Penisola Sorrentina, Aversa, Campi Flegrei, Costa d’Amalfi, Galluccio, Sannio e Irpinia.

In questo immenso patrimonio ampelografico (in Campania sono coltivati più vitigni autoctoni che in tutta la Francia!) dato dalla diversità dei terreni, dei differenti microclimi e dalle peculiari condizioni ambientali, immergiamoci ora in un breve viaggio alla scoperta di noti e meno noti vitigni della Campania. Tra quelli a bacca bianca i più celebri da menzionare sono, sicuramente, il Fiano, il Greco e il Coda di Volpe, vitigno già noto ai Romani e citato da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia” che deve il suo curioso nome alla forma del grappolo che ricorda appunto la coda della volpe.

Da ricordare, inoltre, il Biancolella, vitigno tipico della costiera amalfitana, in particolar modo di Ischia di probabile origine greca, e il Pallagrello Bianco, tipico del casertano e che deve il suo nome al “pagliarello”, il graticcio di paglia su cui venivano disposti i grappoli d’uva dopo la vendemmia. Da citare, ancora, il Forastera, della zona di Ischia così chiamato proprio perché “forestiero” e impiantato nella costa campana a seguito della terribile ondata di fillossera che colpì l’intera Europa nel 1800 e l’Asprinio tipico della zona di Aversa con le sue potenti e inconfondibili note agrumate ottimo sia per la tradizionale vinificazione in bianco che per la spumantizzazione.

Tra i vitigni a bacca rossa più importanti posto d’onore è riservato, indubbiamente, all’Aglianico padre di grandi vini come il Taurasi DOCG definito a più voci il “Barolo del Sud”, vino di grande potenza e struttura, che porta con sé il sole e il calore di una terra altamente vocata. Di grande fascino e dai toni inconfondibili il Piedirosso, localmente chiamato Per o’ Palummo, vitigno a bacca rossa vigoroso e resistente coltivato in tutta la Campania, ma in particolar modo nella zona dei Campi Flegrei, Vesuvio e Costiera Amalfitana.

Un ultimo cenno merita, infine, un vitigno difficile da utilizzare in purezza ma che ben si presta come uva da taglio per la creazione di vini eleganti e di struttura: il Sciascinoso, vitigno dalle origini incerte ma di antica tradizione locale.

Discorso a parte merita, infine, la DOC Costa d’Amalfi che prevede nel proprio disciplinare l’utilizzo di alcuni vitigni unici al mondo quali il Fenile, Ginestra, Ripolo, Pepella e Tintore.

 

 

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