Ogni anno nei mesi di ottobre e novembre nelle splendide e suggestive colline delle Langhe vengono letteralmente “sguinzagliati” centinaia di cani addestrati e abili nella caccia al pregiatissimo e, a tratti inavvicinabile, tartufo bianco, il Tuber Magnatum Pico. E proprio qui, dove la terra profuma di pioggia, cresce questo fungo ipogeo preferibilmente all’ombra di querce, faggi, roveri e pioppi. Il suo profumo è assolutamente unico nel genere e, molto spesso per spiegarne la peculiarità si è soliti associarlo a quello del gas metano! Ma fidatevi decisamente più piacevole…

Il tartufo non è una novità dei giorni nostri, anzi si ritrova nei ricettari e nei documenti storici appartenenti a secoli ormai lontani. La reale famiglia Savoia ne faceva abbondante uso durante gli sfarzosi banchetti di corte dimostrando così ai loro ospiti una grande sensibilità verso l’eleganza e il gusto eclettico e d’avanguardia. Lo stretto legame tra il tartufo bianco e il terroir delle Langhe è da tempo immemore considerato indissolubile a tal punto che, a far data dal 1929 viene organizzata annualmente la Fiera del Tartufo (oggi “Fiera Internazionale del Tartufo d’Alba”), evento che richiama golosi partecipanti da ogni parte del mondo. Un cibo sicuramente, e a buon diritto, considerato di lusso dato che il suo valore di mercato è strettamente legato alla stagionalità e alla quantità di prodotto disponibile. Quest’anno, dato il clima torrido che ha caratterizzato gli ultimi mesi, pare che il prezzo di mercato si aggiri tra i € 4.000 e € 5.500 al chilogrammo. Meno male che ne bastano poche lamelle per rendere eccezionale ogni piatto!

Se poi volete, oltre che soddisfare il palato, azzardare un investimento economico importante, ricordate che ogni anno si tiene al Castello di Grinzane Cavour l’”Asta Mondiale del Tartufo bianco d’Alba”. Pensate che nel 2021 un imprenditore di Hong Kong si è aggiudicato un Signor Tartufo da 830 grammi per soli 103.000 €! Un affare no?

Il Tartufo bianco d’Alba in cucina

Posto che i veri e più accaniti amanti del tartufo lo metterebbero anche nel caffè, esistono poche e semplici regole per valorizzare questo prezioso capolavoro della terra ed esaltare qualsiasi piatto conferendo una nota di eleganza e raffinatezza. La regola principale è che il tartufo deve accompagnare cibi essenzialmente dal sapore neutro, senza acidità e senza piccantezza. Ed ecco allora che il tartufo bianco diventerà la corona di un semplice risotto alla parmigiana o di un tagliolino (possibilmente fatto a mano) condito con una generosa noce di burro fuso. Se desiderate, invece, un secondo piatto optate quindi per la carne cruda (anche in questo caso i Piemontesi hanno un bel po’ di cose da raccontare); una ricca tartare di manzo, una semplice ma deliziosa battuta al coltello o un delicato carpaccio, con l’aggiunta di una “grattatina” diventeranno piatti da gran gourmet. I più “goduriosi” e impavidi sceglieranno, invece, l’uovo all’occhio di bue, croccante nell’albume spumeggiato al burro ma dal cuore cremoso del tuorlo che rompendosi abbraccia il tartufo. Incredibile anche solo da raccontare, figuriamoci da assaggiare..

Cosa beviamo?

Domanda di rito, assolutamente da non sottovalutare. Se decidiamo che il protagonista del nostro pranzo domenicale o della nostra cena importante sia il tartufo bianco d’Alba, anche il vino, per la sua innata complementarità, non potrà essere da meno. Scelta sempre vincente: i grandi big piemontesi (per rimanere in tema e in zona). E qui, dove il Nebbiolo la fa da padrone, vi consigliamo un elegante Barolo DOCG “Passione di re” di Gabriele Scaglione oppure un Barolo DOCG Serralunga di Aldo Clerico; due grandi espressioni di Barolo improntate sulla tradizione e sull’innata raffinatezza. Se poi desiderate un terzo “parere” ecco a voi il Barolo Bussia DOCG di Cascina Amalia, esempio di carattere che si fa vino. Variazione del tema Nebbiolo pur rimanendo in Piemonte? Vi consigliamo il Barbaresco DOCG “Stardè” di Dezzani (imbattibile rapporto qualità prezzo) oppure il misterioso ed affascinante Barbaresco DOCG “Meruzzano” di Orlando Abrigo. Consigliamo, infine, l’azienda piemontese Torraccia del Piantavigna che con i suoi Ghemme DOCG e Gattinara DOCG (ancora lui, il Nebbiolo) voi saprà stupire e sorprendere, sorso dopo sorso!

 

 

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