Aldilà delle generali categorie merceologiche bianco, rosso, rosato, spumante, oggi il mood enologico prescrive ulteriori classificazioni; ci troviamo così ad addentrarci in un mondo fatto di “ vini estremi”, “vini da viticoltura eroica”, “vini biologici” e “vini biodinamici”, “vini in anfora”, “vini naturali”, “vini macerati”, “vini kosher”. Esiste, inoltre, un’altra categoria estremamente affascinante, forse poco conosciuta ma da tenere ben in considerazione quando ci troviamo davanti agli scaffali di un’enoteca. Parliamo dei vini vulcanici, vale a dire quei vini prodotti con uve coltivate su terreni di origine vulcanica che spiccano per mineralità e freschezza proprio a causa della loro origine. Accenniamo dunque ad un breve giro del nostro paese per vedere quali sono i vini vulcanici più amati…

 Senza voler addentrarci nel cuore delle ere millenarie trascorse e indossare il caschetto del geologo, sarà utile, solamente un breve cenno su come la continuata (e anche la cessata) attività di queste potenti montagne di fuoco, possa influire sul terroir e, di conseguenza, sulle caratteristiche organolettiche di un vino. Sicuramente nel nostro paese l’attività vulcanica ha contribuito in maniera decisiva a modellare l’attuale assetto paesaggistico; si pensi oltre che agli ancora attivi Etna, Stromboli e Vulcano ai vulcani dormienti (nella speranza che abbiano il sonno pesante) come il Vesuvio, Lipari, Stromboli e Pantelleria. E ancora, pensiamo a quei vulcani oggi definitivamente spenti che sono diventati nel corso dei millenni “culle” dei laghi laziali di Bracciano, Bolsena e Averno, solo per citarne alcuni. Il ferro, il magnesio e la silice di cui sono composti i lapilli diventano parte integrante del terreno e fanno sì che i vitigni che vi crescono al disopra abbiano caratteristiche uniche di mineralità, sapidità e persistente freschezza.

Ma quali sono le zone vulcaniche (dormienti e non) presenti in Italia?

Il primo vulcano (o almeno quello che ne rimane) lascerà la maggior parte dei lettori a bocca aperta. Eh già, perché si trova nel cuore del Piemonte; chi lo avrebbe mai detto? E invece qui tra dolci colline e morbidi altipiani, circa 300 milioni di anni fa in Alta Valsesia dominava la scena un Supervulcano di cui oggi, quasi incredibilmente, nulla rimane. Ciò che resta, invece, è un terroir unico ed inconfondibile in cui nasce un vino altrettanto caratteristico: il Gattinara DOCG, 100% Nebbiolo. Se non lo avete mai assaggiato vi consigliamo il Gattinara DOCG di Torraccia del Piantavigna, una vera e propria perla di eleganza e mineralità.

Spostandoci verso est troveremo altre due ampie zone di origine vulcanica, quella dei Monti Lessini, una regione compresa tra Verona e Vicenza e che coinvolge i territori di Soave, Gambellara, Brendola e Monteforte d’Alpone e quella dei Colli Euganei nel Padovano. In realtà sono il centro e il sud Italia il vero cuore pulsante di ciò che rimane della millenaria attività vulcanica. Pensiamo al cosiddetto apparato Vulsinio, una zona dell’alto Lazio in cui l’attività vulcanica ha contribuito alla formazione dei celebri laghi di Bracciano e Bolsena o Roccamonfina. L’estro perenne dei vulcani ha disegnato, inoltre, la zona campana dei Campi Flegrei e Ischia.

“‘A muntagna”; Iddu o Idda- L’Etna

Come non è possibile parlare di pesto alla genovese senza aglio, di Coco Chanel senza tubino nero e di Festival di Sanremo senza musica e fiori, non è concepibile parlare di vini vulcanici italiani senza parlare dell’Etna e dei suoi grandi vini. L’Etna con i suoi oltre 3.000 metri di altezza è il vulcano attivo più grande d’Europa e da secoli affascina non solo i catanesi che si rivolgono a lui/lei con l’appellativo “iddu” o “idda” ma tutto il mondo che assiste stupito alle sue esplosioni. Numerose sono le leggende che aleggiano intorno a questa montagna di fuoco; c’è chi racconta del gigante Encelado, fratello geloso di Zeus o della Dea figlia di Urano e Gea o della dimora di Efesto il Dio del fuoco. Aldilà della versione mitologica che si intende abbracciare, quello che è fuor di dubbio è che questa storia millenaria fatta di fuoco, minerali e pietra lavica ha visto configurarsi terroir unici e dalle caratteristiche inconfondibili.

Tenute Orestiadi e Cantina La Gelsomina

I vigneti La Gelsomina

Tenute Orestiadi conosce la sua terra, le sue origini e la sua storia e può dire la sua in tema di vini vulcanici. Una delle principali caratteristiche del terreno etneo è la sua composizione lavica ed argillosa; la “gghiara” come viene chiamata dai catanesi insieme al substrato di polvere e magma che nei secoli si sono depositati per creare l’attuale conformazione. E proprio qui, ad un’altitudine di circa 550 metri sul livello del mare, Tenute Orestiadi coltiva gli autoctoni varietali caratteristici del vulcano: Nerello Cappuccio, Nerello Mascalese, Carricante e Moscato. Il risultato sono i vini della Gelsomina, un Etna Bianco DOC, un Etna Rosso DOC, un Metodo Classico Etna DOC Brut Blanc de Noirs, un Metodo Classico Rosè Brut e un Moscato Passito Terre Siciliane IGP. Una vasta gamma di vini che nasce per accontentare anche i palati più esigenti tenendo come minimo comune denominatore la grande freschezza, la suadente mineralità e la gentile avvolgenza che solo una montagna di fuoco può regalare. 

 

 

Pin It on Pinterest

Share This